40 anni… e ne compi 41

maturità femminile

Ecco… nel frattempo, mentre ti lamentavi tanto di aver compiuto quarant’anni, ne hai compiuti 41 e tutta l’incazzatura che avevi per aver raggiunto i quaranta… oddìo, magicamente è passata.
Alla magia non credi e nemmeno al fatto che le cose passino tanto in fretta, e soprattutto senza che tu te ne accorga, così vigile come sei! “Hai preso consapevolezza”? Che scemenza, vi prego, questa “consapevolezza”, che molti usano per dire che hanno digerito la cosa, ma in modo elegante. Scemenze?! No, per niente, non sai se sia consapevolezza, maturità o semplicemente se sei stanca di fare l’arrabbiata, fatto sta che evidentemente, mentre passavi il tempo a lamentarti perché compivi 40 anni, beh te ne sei fatta una ragione e sei passata oltre.

È proprio vero? È bastato aggiungere un 1 accanto al 4? Non ha senso!! Giusto, non ha alcun senso e non sarà affatto dovuto a quell’uno, ma in qualche modo, dopo qualche mese la tua rabbia è scemata.
E quindi? Anche la voglia di lottare? No quella no e non perché tu sia particolarmente coraggiosa e battagliera, ma semplicemente perché non te lo puoi permettere! Per quale motivo?! Perché ora arriva la parte più difficile! Qui ci starebbe molto bene quella faccina o smile che ricorda vagamente L’urlo di Munch, il quadro, perché è decisamente emblematica!!

Come la parte più difficile?! Eh sì tesoro… e te lo dici da sola “tesoro”, un po’ per prenderti in giro e un po’ perché ti fai tenerezza. Ora il terreno è accidentato e la tua gioventù non ti può più aiutare per avere un alibi nei momenti in cui sbagli, fai figuracce, dici scemenze, combini pasticci. E, se per caso, sei una molto severa con se stessa… beh questo non è il momento di rilassarsi!

Però questa volta non ci pensi con rabbia, con disagio, con atteggiamento di ribellione. Per niente, hai raggiunto uno stato zen?! No, noi occidentali non sappiamo davvero cosa sia lo zen e non ci si addice nemmeno e tu, tesoro, non saresti in grado di applicarlo nemmeno per un minuto, perché ti trovi a tuo agio nella frenesia, nella piena attività, mentre i tuoi pensieri vanno e il tuo cervello non si ferma mai; sei una da grande città piena di traffico, la campagna ti distrugge, sei una a cui piace prendere le onde alte del mare, anche se ti terrorizzano, la calma placida delle acque del lago ti annienta e ti inquieta pure un pochino.

Perché questa agitazione?! Perché sempre di corsa?! Perché mai sazia? Sempre questa fame di vita, perché?! Perché non ti puoi mai rilassare, nemmeno quando dovresti?! Cosa devi dimostrare?! E a chi? A te stessa? Agli altri?!
Non lo sai a dir la verità, quello che finalmente sai è che, mentre l’anno scorso ti sembrava di inseguire il mondo e ti sentivi sempre come se rincorressi qualcosa e fossi sempre in ritardo, questo 1 accanto al 4 ti è servito per capire che corri da sola, non sei in gara con nessuno se non con te stessa e, se a te piace la velocità… beh, trova un passo che ti sia congeniale e corri.

Consapevolezza? Maturità? Serenità? Può essere, chi può dirlo! Non ti è mai piaciuto correre realmente, ma il tuo cervello è sempre andato “a mille”! A volte anche senza motivo e soprattutto senza grandi risultati. Non è stanco?! Per niente, ora ha trovato il suo passo e così non si stanca affatto!

Gli altri non corrono più? Oh certo assolutamente, ma ognuno ha il suo passo e c’è qualcuno che lo deve ancora trovare, ma a te importa poco. Ma questo vuol dire che ognuno è solo, che corre per se stesso e degli altri non si interessa. Niente affatto, vuol dire solamente che ognuno ha la propria corsia e che non è una gara, tanto è vero che molti non corrono, camminano.

Perché dici allora che non puoi permetterti di smettere di lottare se in realtà sembri tanto serena? Perché lottare è una cosa che devi fare sempre, perché sei una donna, ora forse che hai passato i 40 lo sei ancora di più; perché hai un’età matura, per cui è tuo compito farti carico degli sbagli, delle responsabilità e dei meriti del tuo mondo. Errori e grandi conquiste li fanno anche i più giovani e i più vecchi, ma tu non puoi esimerti dal partecipare e soprattutto loro hanno l’alibi della gioventù e della vecchiaia, tu hai solo l’alibi dell’essere adulta e nella tua lingua spesso vuol dire essere maturi e coscienziosi.

Quindi? Devi accettare di mostrarti adulta e matura?! L’accettazione è un atteggiamento passivo, tu non sei passiva, e infatti lotti, in alcuni momenti vacilli, ci sono alcune mattine in cui ti chiedi perché sia tutto così difficile, e la valigia pronta nel bagagliaio, per i famosi “mari del sud”, sei sicura che non la svuoterai mai; ma ancora non è il momento, hai ancora qualcosa di interessante da dire e da fare in questo mondo, prima del delizioso cocktail sulla spiaggia delle Hawai; il cocktail lo prendi con le amiche che, di corsa come te, sono riuscite ad incastrare un’uscita fulmine per tirare il fiato.

Ma a te piace così, ti piace l’uscita fulmine, ti piace che le tue amiche siano così prese dagli impegni, da non riuscire a trovare quasi il tempo per una pausa; ti piace avere quella valigia virtuale nel baule e sai che l’hanno anche tutte le altre, ti piace vedere le loro facce stanche e affannate, ti piace sentire le loro lamentele, le loro battaglie quotidiane, non c’è niente di più interessante per te del quotidiano delle persone comuni.

Quando eri a scuola un’insegnante molto illuminata e colta ti disse che la storia non è fatta dai grandi uomini, ma dai grandi popoli, ovvero dalle persone comuni, che lottano tutti i giorni. Non dimenticherai mai quelle parole e quell’insegnante; aveva ragione, la storia è fatta dalle persone comuni e a te piace guardare la storia che si costruisce ogni giorno, grazie ai tuoi simili.

Un donna di mezza età

Una donna di mezza età

Quanto il mio mondo è diverso da quello di Anita, quanto siamo distanti, quanto siamo diverse, davvero solo due generazioni?! Guardo la nuova pubblicità di una nota azienda di abbigliamento italiana, fiore all’occhiello dell’industria manifatturiera della penisola, con una Julia Roberts di cinquant’anni, più splendente che mai, e mi vengono molte riflessioni assolutamente diverse in mente.

Julia Roberts è l’icona dei tempi moderni, che l’astuta azienda ha scelto come testimonial, perché piace sia agli uomini che alle donne, soprattutto forse alle donne; è la Marilyn Monroe dei nostri tempi, che, pur non essendo assolutamente come le persone normali e pur essendo ben al di sopra della comune bellezza femminile, mostra una semplicità e una naturalezza, che le donne di tutte le età adorano; l’adorano perché permette loro di illudersi, anche solo per un attimo, di potersi immedesimare e sentirsi un po’ belle come lei. Inoltre ha cinquant’anni, un’età che le donne affrontano da sempre con molta fatica, forse negli ultimi anni ancora di più, perché, per ovvi motivi, si sentono invecchiare e non possono più contare tanto sul loro aspetto fisico.

Ancora più geniale quindi la trovata della nota azienda, che non punta più soltanto sulla teenager o sulla giovane bellezza, ma anche e forse soprattutto sulla cosiddetta donna di mezza età, che, detta così fa un brutto effetto, quindi forse è meglio definire la donna matura, che può tranquillamente continuare ad adornare il proprio corpo, con accessori ed abiti che la facciano sentire ancora bella e piacevole, perché è più importante sentirsi belle a 40-50 anni, che non a 20! Julia Roberts ripropone se stessa, che fa acquisti ed esce dal negozio con diversi sacchetti, come nel film di quasi trent’anni fa, che l’ha rivelata al mondo intero nel suo splendore, e manda così un messaggio: il tempo passa per tutte, anche per lei, ma il suo sorriso, famoso in tutto il mondo, è ancora più smagliante, sicuro, deciso, come dovrebbe essere quello di ogni donna, che, consapevole delle proprie rughe e smagliature, si accetta per quella che è.

Marilyn Monroe a cinquant’anni non ci è nemmeno arrivata ed ai tempi di Anita le donne mature non erano certo così sostenute dalla società, perché cominciavano a scendere la china e per loro non c’era certo spazio per pensare alla bellezza; nemmeno per le dive, che infatti spesso si ritiravano dalle scene, per evitare critiche e confronti dolorosi. Quindi la domanda che mi pongo, dopo tutto questo prologo, è se davvero siano bastate due generazioni per cambiare tanto le cose, per fare in modo che le donne siano sufficientemente considerate, che la loro importanza sia ritenuta finalmente fondamentale, per l’andamento della società. Mmh… forse no, forse Anita e le altre tre uniche studentesse di Medicina del suo anno a Genova erano molto più moderne di una Julia Roberts o di tutte quelle, come noi adesso, che pensano che l’emancipazione femminile abbia fatto passi da gigante.

In realtà infatti quella è una pubblicità e serve solo per vendere più prodotti, quindi è ingannevole, non può essere un quadro sull’emancipazione femminile; oppure può essere vista come un tentativo ben riuscito, anche se magari non voluto, di farsi sentire, di continuare a dichiarare che le donne, soprattutto a cinquant’anni contano, anche se devono fare qualcosa di apparentemente poco importante come scegliersi le calze o i collant.

E perché proprio i collant? Non è un caso. I collant sono l’espressione massima della femminilità. Quel collant che sembra essere tornato prepotentemente in passerella, in un momento così delicato in cui da una parte del mondo si indossano ancora e sempre di più le mini gonne e dall’altra parte del mondo si indossano i burka o altri veli che nascondano le forme. Un momento in cui queste due visioni del corpo femminile sono a confronto e fanno parte di un discorso molto più ampio, sulla dignità della donna e sul rispetto del genere femminile. Un mondo davvero confuso in cui alcune culture orientali mal sopportano proprio questa “libertà” della donna, tipica di alcune culture occidentali.

Anita era una pioniera, l’ho già detto, una piccola Rita Levi Montalcini, che credeva molto più nella propria intelligenza, piuttosto che nella sua bellezza, e che, certamente nel suo piccolo, ha contribuito, come tante insieme a lei, all’evoluzione del pensiero e alla considerazione che si ha adesso del ruolo femminile nella società occidentale. Purtroppo, Anita, con rammarico, ti devo confessare che, anche se Julia Roberts sorride in modo straordinario, per noi donne ordinarie, che faticano a sentirsi straordinarie, c’è ancora molta strada da percorrere, soprattutto se abbiamo quell’età in cui essere chiamate “signora” è più che normale. Siamo ancora scomode per l’altra metà maschile, siamo ingestibili, sottopagate, spesso considerate a torto meno brave dei nostri parigrado, e, in molti casi purtroppo, maltrattate e usate come merce. Forse ti aspettavi qualcosa di meglio, per la fatica che hai fatto tu, forse meritavi passi avanti veri, non solo una gran gioia nel comprarsi le calze!

A dir la verità possiamo comunque essere soddisfatte, soprattutto se pensiamo ad altre donne come noi, che vivono in zone del mondo, dove l’esistenza è davvero complicata, in particolare per loro. Noi ce la mettiamo tutta, forse siamo meno coraggiose di voi, donne del ’45, maestre di coraggio e di dignità, ma, nella fatica di tutti i giorni, di farci accettare per quello che valiamo, andarci a comprare i collant è davvero un gesto consolante, nella sua semplicità!

P.S. Aggiungo che sono stata testimone per caso della bravura di quelle donne, che tengono realmente in piedi l’industria manifatturiera dell’abbigliamento italiano, che ha fatto la storia di questo paese; e ti potrei dire, Anita, che davvero saresti orgogliosa di loro, perché, in totale anonimato, lavorano con una professionalità e un impegno che tutte le case di moda, anche francesi, ci invidiano. Quelle sono donne mature, vere signore, che magari solo raramente si vanno a comprare un collant, ma dovresti vedere la loro soddisfazione nel veder crescere un abito, la loro serietà nel lavoro… loro sì possono dichiararsi, in modo deciso, degne di essere tue discendenti! E allora grazie a tutte queste donne, dalle quali mi sento gloriosamente rappresentata e che, come te, costruiscono silenziosamente e con umiltà la storia delle donne italiane.

Questo articolo è dedicato a tutte le lavoratrici di un’importante azienda del parmense, che lavora per una nota casa di moda italo-francese, che ho avuto il privilegio di vedere all’opera. Grazie perché mai dimenticherò la vostra professionalità e la passione che mettete nel lavoro, ma soprattutto il mio fascino nell’assistere alla crescita di un capo, attraverso il lavoro di tante mani esperte, dal primo disegno alla confezione. Complimenti!